Quando una sonda a radiofrequenza realizzata mediante un diodo con funzione di raddrizzatore (io impiego di solito il BA481 considerate le sue ottime caratteristiche anche in UHF) non è sufficiente a verificare il funzionamento di un circuito a radiofrequenza e fugare eventuali nostri dubbi, allora mi appoggio al supporto che può darmi il Grid Dip Meter, dove "Grid" non è più un termine appropriato, in quanto le valvole non esistono quasi più, e dato che questi strumenti sono oggi realizzati mediante transistor ed, alcuni, addirittura con l'impiego di diodi tunnel, ma anche questi ormai introvabili.
Ci si avvicina con la bobina del "dipper" a quella del circuito in esame e si può constatare facilmente come il "dip" riscontrabile nello strumento, dovuto all'assorbimento di energia da parte del circuito oscillante, subisca una sorta di rimbalzo positivo che sarà tanto più evidente quanto maggiore è la radiofrequenza presente nel circuito sotto esame.
Questo sistema può servire a validare la misura effettuata dalla semplice sonda, cioè che quanto rilevato da essa corrisponde esattamente alla frequenza che noi intendiamo trovare in quel circuito e non armoniche o fondamentali non volute.
La stessa cosa può essere fatta facendo funzionare il GDM come ondametro, se il segnale è sufficientemente elevato per muovere lo strumento. Il vantaggio che questo sistema offre è che la misura è sufficientemente lineare da permettere l'accordo di quel circuito come quello di stadi precedenti, sempre che esistano.
Quando non è semplice, per mancanza di spazio, raggiungere la prossimità della bobina, allora un piccolo tratto di cavo terminato da entrambi i lati da una coppia di link, uno posizionato sulla bobina ed il secondo su quella del GDM, risolve il problema.
Se poi l'intensità della radiofrequenza nei pressi della bobina è troppo esigua si puà ricorrere ad un doppio link amplificato, dove un minuscolo amplificatore a larga banda incrementa il segnale applicato al link di accoppiamento alla bobina del GDM.
Un altra soluzione è quella di accoppiarsi magneticamente al circuito oscillante in esame e, senza l'ausilio del GDM, al posto del secondo link utilizzare ancora un diodo per rilevare la radiofrequenza presente sul cavo e misurarla con uno strumento.